Nulla si distrugge, tutto si trasforma

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Ah, quelli che ti parlano addosso! Cioè quelli che ascoltano ciò che dici quanto basta per poter riprendere a parlare, che non ti lasciano finire e appena fai una breve pausa ti tirano fuori le conclusioni più strambe, che se ti fermi a pensare prima di rispondere a una domanda dicono che sei in crisi.

Ho avuto, qualche anno fa, una storia con uno così – chiamiamolo Bernardo. Il suo pregio era che mi diceva le cose senza peli sulla lingua, e infatti ci siamo lasciati dopo pochi mesi sapendo esattamente perché ci eravamo lasciati e senza raccontarcela. Il suo maggiore difetto era l’arroganza: era convinto di sapere tutto su di me, e soprattutto meglio di me. Su un paio di cose, però, mi ha effettivamente aperto gli occhi; purtroppo erano proprio le cose di cui parlavo con pochissime persone in quel periodo (abusi, violenze), quindi all’inizio mi sembrava un ottimo interlocutore – non dovevo spiegargli tutto, lui capiva. Per lo stesso motivo, quando abbiamo ripreso a frequentarci e ho capito che era davvero tossico per me ho fatto molta fatica a mollarlo definitivamente: l’avevo ritenuto un punto di riferimento affidabile e continuavo ad aprirgli le porte pensando che, caspita, lui capiva.

Dopo un po’ di andirivieni ho chiuso la storia e a mo’ di pulizia mentale ho deciso di liberarmi delle sue foto (è un bravo fotografo, ce n’erano di molto belle) e soprattutto dei nostri scambi via mail e chat. Non volevo ritrovarmi quei messaggi, in futuro, durante una banale ricerca su Gmail! Nel ripescarli e rileggerli, però, ho scoperto che le mie parole talvolta erano belle e mi dispiaceva perderle – per una storia finita male, poi, che spreco… Una delle sensazioni più frustranti quando si chiude un rapporto è proprio quella di energia sprecata: sembra un vuoto irrimediabilmente incolmabile, ciò che è andato perso non si recupera più. Ma così come dagli errori impariamo sempre qualcosa, anche dalla spazzatura si recupera qualcosa che può tornare utile e perfino farci stare bene. Quindi ho riletto quasi tutti gli scambi, ho ripreso le mie parole più significative e le ho pubblicate qui, su Exploradora – un esempio ne è questo: il cuore delle cose. L’idea è trasformare un’esperienza negativa in una fonte di riflessione e crescita, non trattare le parole come feticci. Così invece di rimanere a mani vuote ho qualcosa di concreto che mi ricorda che ho fatto passi in avanti. Tutto il resto va eliminato, e cancellare le vecchie conversazioni dà una grande soddisfazione!

C’è un’altra fonte da cui attingerò per fare un’operazione analoga: 221 pagine, 790.805 caratteri, 134.698 parole, ovvero il carteggio con Corrado*, l’ex più tossico che ho avuto. Anche solo sfogliarlo mi carica di angoscia e di dolore, ma in mezzo a quel mare di petrolio ci sono alcuni dei semi più importanti per la mia ricerca, e stanno germogliando. Ad esempio è da lì che ho preso il brano riportato nella mia presentazione, dove spiego come sono approdata a Exploradora.

Ci sono cose, invece, che vanno eliminate e basta, senza se e senza ma. Come una lettera indirizzata a Corrado che ho scritto a mano e che ho semplicemente fatto a pezzi. Ma prima di buttarla ci ho fatto la foto per questo post, quindi alla fine è servita a qualcosa! In quel caso la difficoltà stava nel liberarmi dall’oggetto, qualcosa di fisico, presente; a me costa prendere in mano (letteralmente) le cose e decidere cosa farmene, soprattutto se sono legate alle emozioni, quindi ero contenta di riuscirci in così poco tempo.

La mia è, quindi, una vera e propria operazione di gestione dei rifiuti delle emozioni attraverso le famose 3R: riduco, riuso, riciclo. Ovvero trasformo gli ex in catalizzatori di materia prima per questo progetto. Con questo non intendo far passare per bella una cosa brutta, ma ricordiamoci che il letame si usa come fertilizzante agricolo, e non è certo fatto di materie nobili.

Sulle 3R parlerò nel dettaglio nel prossimo post.

* Corrado è proprio un bel nome, peccato doverlo mettere a un simile personaggio, ma ormai ho stabilito una logica per i nomi di fantasia e l’alternativa era troppo ridicola 🙂

Un commento

  1. Pingback:Stare bene è un lungo viaggio | Exploradora

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