Non era quello che volevo: è stato bellissimo

Sembra una contraddizione, lo so, ma a volte non ottenere ciò che vogliamo può essere bello, addirittura bellissimo. Dipende dal tipo di rapporto (rigido? flessibile?) che abbiamo con le aspettative e dalla nostra disponibilità a trarre vantaggio dalle situazioni apparentemente avverse.

Mi è successo qualcosa del genere quasi un mese fa in ambito più o meno lavorativo: per i soliti misteri della fede informatica, LinkedIn ha inviato oltre mille inviti ai miei contatti, tra Facebook e posta elettronica. Detesto ricevere inviti di collegamento con messaggi automatici, anzi quando faccio formazione sull’uso dei social network insisto molto sulla personalizzazione, figuratevi come mi sono sentita sapendo che ne avevo mandati, a mia insaputa, non solo in quantità spropositata ma soprattutto con quegli odiosi testi generici! Ne ho approfittato per fare gli auguri di buon anno a tantissime persone, ho imparato che potevo trasformare un piccolo incidente in un’opportunità (di socializzazione, di consolidamento di legami). Qualche giorno fa, invece, è stata la solitudine a darmi una grande occasione per imparare, soprattutto a conoscermi e ad ascoltarmi.

Venezia giornata di pioggia, ph MoyanoSomoya

Venerdì 31 gennaio c’era l’inaugurazione della mostra Genesi di Salgado alla Casa dei Tre Oci, e un’ora prima dell’inaugurazione c’era un incontro degli instragramers del Veneto con Salgado. Ovviamente appena l’ho saputo mi sono iscritta, mi sono organizzata per poterci andare, ho sofferto quando il fiume dietro casa sembrava ingrossare pericolosamente, poi sono riuscita a prendere il treno, incrociando le dita per non trovare l’acqua alta a Venezia. Sono arrivata in tempo, ho aspettato insieme agli altri che ci aprissero, siamo entrati, siamo saliti al secondo piano e abbiamo iniziato a guardare le foto, bellissime.

È arrivata l’organizzatrice (l’unica che conoscevo, e pure solo di vista) e ci ha detto che Salgado era molto stanco, aveva fatto tanto quel giorno quindi arrivava tardi, non si sapeva a che ora. Siamo stati lì per un’ora fino al momento dell’inaugurazione, e in quell’ora gli altri, che in alcuni casi si conoscevano, chiacchieravano e ridevano. Pure la maggior parte di quelli che non si conoscevano si presentavano e via a chiacchierare, e a me tutto ciò faceva venire la nausea perché mi sembrava un sacrilegio fare chiasso davanti a quelle foto – aggiungiamoci che sono introversa, spesso se non è indispensabile comunicare con gli altri semplicemente non lo faccio. Ero in religioso silenzio, assorta e ovviamente con voglia di uccidere il 90% delle persone (anche se molti erano simpatici). Poi con l’inaugurazione la situazione è peggiorata, a quegli eventi ci vanno anche socialite di ogni sorta che fanno solo rumore. Altra gente da uccidere.

Mi sono concentrata nella bellezza degli scatti e una volta che ho visto tutta la mostra mi sono fiondata nel bookshop, a sfogliare libri di fotografia. Subito dopo sono andata via, appena ho potuto sono scesa dal vaporetto, forse alle Zattere, e ho fatto tanta strada a piedi, fino in stazione, perdendomi ogni 5 minuti. Perdersi a Venezia è sempre bello, di notte ancora di più – quella sera con un forte odore di mare lasciato dall’acqua alta, stupendo.

Sul treno, poi, ho provato a tornare alla realtà controllando la posta e sono capitata nella mail di un amico a cui non ho mai risposto: mi scrisse a ottobre 2012! (Ci sono arrivata per puro caso: era da tanto che non aprivo la posta da iPad con quell’applicazione, che era rimasta a ottobre 2012 e che aveva sicuramente qualche problema di password ormai cambiata.) La sua era una bellissima lettera con cui si offriva di ascoltarmi e anche di raccontarmi la sua esperienza di dipendenza affettiva e di stati depressivi; era un periodo in cui avevo tanti problemi e poca forza, sia fisica che mentale, e rinunciavo al mio amato corso di teatro, dove ci eravamo conosciuti. Perché non avevo mai risposto se le sue parole mi avevano davvero scaldato il cuore?

Dopo un’ora di viaggio ho collegato un po’ di punti. Leggevo La festa dell’insignificanza, il più recente libro di Kundera, e rimasi colpita da questo brano:

Me ne frego dei cosiddetti grandi uomini che con i loro nomi denominano le nostre vie. Sono diventati famosi grazie alle loro ambizioni, vanità, menzogne, crudeltà. Kalinin è il solo il cui nome resterà nella memoria in ricordo di una sofferenza che ogni essere umano ha conosciuto, in ricordo di una lotta disperata che non ha procurato infelicità a nessuno se non lui stesso.

Come dicevo qualche settimana fa, le migliori scoperte sono frutto di piccole intuizioni stratificate che emergono con forza quando arriva, in incognito, la famosa ciliegina sulla torta. Quindi non so di preciso com’è avvenuto, è stata probabilmente una (in)solita associazione di idee: ho estrapolato quel testo dal suo contesto (si parlava di un militare con problemi di prostata) e l’ho appoggiato sulle mie sensazioni della giornata e degli ultimi mesi. Poi ho capito perché non ho risposto alla lettera prima e va bene così: avevo bisogno di stare da sola, di darmi ascolto e, punto dolente, darmi credito.

Alla mostra, nonostante l’incontro svanito e il caos, non mi sono sentita frustrata, anzi mi sono goduta la solitudine pure in mezzo alla gente. Ho ricordato perché non vado a questo genere di eventi, ho fatto un’eccezione per il personaggio in questione, ma è sicuramente l’ultima volta. Insomma, questo riconoscere le mie preferenze (di quiete), rispettarle, non forzarmi, mi è piaciuto molto. E molto probabilmente è ciò che ho fatto a fine del 2012, ovvero intuire che dovevo fare un po’ di strada per conto mio, farmi i muscoli. Da allora ho chiesto e ricevuto aiuto professionale, sia per la salute fisica che mentale, ma ho affrontato tutto prevalentemente da sola, imparando a prendermi cura di me.

Quindi venerdì scorso è stata una bellissima giornata perché:

  • ho scattato delle belle foto della Venezia meno glamour, prima e dopo la mostra, ogni volta che “vedevo” un’immagine che mi piaceva;
  • le foto della mostra erano stupende, alcune di un’armonia travolgente;
  • ho sfogliato libri davvero meravigliosi nel bookshop, e anche questo nutre, alcuni erano così intensi che ho pianto, e questo mi ha ricordato che sono viva;
  • mi sono goduta la solitudine, e sono stata davvero bene;
  • ho consolidato il legame con me stessa.

Bene, ora sono pronta per stare con gli altri. E per rispondere a quella lettera.

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