Dalla consapevolezza all’azione

paralizzata

Un caro amico mi dice che non gli basta la consapevolezza acquisita a fatica, perché poi comunque le cose si ripresentano e non cambiano più di tanto. Certo, dico io, la consapevolezza è “solo” il primo passo, un passo fondamentale e importante, ma è appena l’inizio di un lungo percorso (e infatti spesso rimaniamo impantanati nella consapevolezza, quella che avevamo ingenuamente scambiato per soluzione ai nostri problemi: divento consapevole ergo risolvo tutto).

I passaggi necessari per il cambiamento, secondo me, sono (almeno) quattro: consapevolezza, accettazione, accoglienza, azione. Giustamente l’amico mi chiede delucidazioni sull’accoglienza: è come l’accettazione, ma con affetto.

Mi spiego:
– prima c’è la fase della scoperta, ovvero diventi consapevole di una tua difficoltà o mancanza, ma sapere dov’è (o com’è fatta) non la risolve in automatico;
– dopo inutili tentativi di eliminare frettolosamente il problema, che non è altro che un modo di rifiutarlo, accetti che quella è una parte di te anche se non ti piace, inizi a pensare che dovrai conviverci e gestire la cosa;
– un po’ alla volta ti guardi con amore e accogli quella “versione di te” che non ti piace, la abbracci, smetti di ignorarla e di considerarla difettosa, anzi scopri che non è nemmeno una versione ma sei proprio tu (questa fase è difficilissima e si impara soltanto facendo, allenando i muscoli emotivi, non ci sono scorciatoie);
– tieni conto di ciò che sai, e soprattutto di ciò che accetti e accogli, e agisci di conseguenza (questa parte inizia gradualmente con l’accettazione, ma è solo l’amore a farti fare il salto di qualità.)

Dalla prima consapevolezza all’azione realmente efficace possono passare anni, dipende dall’entità di ciò che stai affrontando (e da come sei fatto). Quando sei in azione, anche nei primi tentativi, è quando più lavori su di te — ti porti verso l’esterno ed è quello il banco di prova. Tutto il processo viene accelerato dalla relazione con l’altro, il modo in cui ti poni è un indicatore di come e quanto hai accettato e accolto di tuo. Se ti ascolti o ti guardi mentre parli con l’altro, vedi chi sei, come stai, ma per parlare con l’altro devi prima ascoltarlo. Paradossalmente, è nell’ascolto dell’altro, nel momento in cui sospendi te stesso, che emerge la tua natura.

In realtà — ma questo lo comprendi molto avanti — la prima consapevolezza è un po’ superficiale, o forse troppo razionale; ciò che risulta del processo di cambiamento è invece una consapevolezza profonda, interiorizzata, che non hai più bisogno di evocare perché accompagna ogni tuo gesto.

Ovviamente per poter fare tutto questo bisogna volerlo davvero, perché per crescere e imparare tocca scegliere e prendere decisioni, lasciare da parte molte cose per fare spazio a quelle che ti fanno bene. Serve infinita pazienza perché mille volte sbaglierai e dovrai rimetterti in discussione; serve anche una grande tenacia perché più ti conosci e conosci l’altro e più si aprono nuovi orizzonti e continui a spostare l’asticella senza soluzione di continuità. Insomma non è un impegno che ha una meta vera e propria. Sei disposto a pedalare?


Post originariamente pubblicato su Facebook

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