Cosa mi serve

Objeto peligroso - reinterpretazione di Man Ray e Giacometti - by MoyanoSomoya

Bernardo,

un rapporto (amicizia compresa) è fatto di due persone, di uno scambio andata e ritorno. Quando uno dei due sta male, delle due una: o l’altro cerca di reggerlo o si allontana per un po’ finché cambia l’aria, e se sceglie la seconda opzione va bene lo stesso.

Io ora sto male, tutti i giorni mi alzo con le nuvole grigie dentro la testa, lotto contro me stessa per forzarmi a trattarmi bene: fare il letto la mattina, doccia/ginnastica/colazione, lavare le stoviglie e non lasciarle sul tavolo per interi giorni… I gesti più banali mi richiedono un impegno spropositato, sono una fatica infernale. Sto male e spesso faccio fatica a parlarne a voce, con E. riesco a parlarne dopo circa 5 giorni dal singolo evento o crisi. Scrivere è diverso perché posso fermarmi a pensare, prendermi del tempo e rivedere con calma ciò che provo. Se si tratta poi di cose che hanno a che fare con ciò che è stato fra di noi la strada si fa ancora più in salita: c’è stato del bello, molto bello, ma ci sono state anche cose assai destabilizzanti e che hanno messo a nudo ferite doloranti mai rimarginate e mi costa parecchio difendermi dai pensieri distruttivi. Non riesco a parlare serenamente con te su questi argomenti, sono contenta per te per la persona che frequenti e per il bel momento che stai vivendo ma contemporaneamente sanguino. Non mi sembra una buona idea infierire, non voglio che le nostre conversazioni diventino un dramma ogni volta.

Tutti abbiamo problemi, li hai anche tu, quindi non è detto che tu possa (o voglia) starmi vicino in un momento come questo, e in ciò non c’è nulla di male. Però se ti avvicini a me ricordati che non ci sei solo tu e il tuo modo di esprimere le cose: ci sono anch’io e il mio modo di riceverle, di percepirle, di accoglierle. Il mio modo è soprattutto lento e pieno di ostacoli (messi da me, in gran parte, ma il risultato non cambia), ho bisogno di vagliare le cose con calma. Non ti piace che ti si dica cosa fare, ma al contempo mi chiedi di essere sincera e diretta, allora ti dico cosa mi serve: ho bisogno di un interlocutore che mi ascolti e mi aspetti, che abbia pazienza, che mi spinga con delicatezza, che non mi urti, che sappia quando entrare in me e quando tenersi alla larga. Non voglio che mi si chieda “e come va con gli uomini?”, perché l’argomento è completamente fuori programma per me (l’ho già detto a capodanno, in modo molto chiaro, che non ho voglia di stare con nessuno, ho voglia di imparare a stare con me) e perché ci sono mille cose più importanti e pressanti nella mia vita attuale. Se non te la senti di esserci in questo modo, va bene, ci sarai più avanti a modo tuo quando io sarò in grado di reggerti, in questo momento non ce la faccio proprio (arrivo fino a un certo punto ma poi sento come se qualcuno mi versasse addosso dell’acido che arriva fino al midollo, sento che non ho più la pelle e che tutto mi ferisce). Non è cattiveria né c’è del rancore: c’è solo tanta sofferenza, e non posso permettermi il lusso di immergermi in essa un giovedì pomeriggio per poi non riuscire a riprendere il lavoro. Non è colpa di nessuno, sono dati di fatto: questa è la mia situazione ora ed è meglio che faccia i conti con ciò che c’è, non con ciò che vorrei che ci fosse. La vita è già abbastanza dura di suo, non voglio complicarmela ulteriormente… e soprattutto non facciamoci del male.

Andrò avanti comunque, a modo mio e con i miei tempi, quelli necessari a me. Per il lavoro e le collaborazioni creative, invece, ci sono sempre.

Stammi bene, un abbraccio.

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